di Salvo Barbagallo
L’allarme “terrorismo” in Italia non è una “costante”, almeno per quanto concerne i mass media: l’allarme rispunta, però, puntuale nei momenti in cui si accentua nel Paese la “confusione”, politica, economica, sociale (eccetera), o in previsione di eventi particolari. In passato stessa situazione si è verificata quando più si aggravava la situazione criminale: subito veniva a galla la “problematica” della mafia. Terrorismo o mafia costituiscono un pericolo reale, non temporaneo ma un “continuum” che, purtroppo, non si è mai esaurito poiché non è mai stato eliminato. C’è comunque il rischio “omologazione” alla normale quotidianità sia per l’uno, che per l’altro caso, e allora il “pericolo” e l’allarme finiscono con il perdere la loro “consistenza”. E’ quanto (a nostro avviso) si sta verificando oggi: può essere sottovalutato quanto messo in primo piano nei giorni scorsi dal Consiglio Supremo di Difesa che si è svolto sotto la presidenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla presenza del premier Matteo Renzi e dei ministri di Interni, Esteri, Difesa ed Economia.
Il “Corriere della Sera” ieri (mercoledì 21 ottobre) ha titolato “Isis, l’allarme del Consiglio di Difesa – Il terrorismo minaccia l’Italia, sicurezza in rapido deterioramento”. C’è da chiedersi perché s’incomincia a percepire solo “adesso”, nella dimensione concreta, la “minaccia terrorismo”: mancavano in precedenza “segnali” in merito? No, di certo. Però, di certo, sono mutati gli scenari complessivi, come evidenzia il documento del Consiglio Supremo di Difesa: “L’Italia opera in seno alla Comunità internazionale, con tutte le capacità di cui dispone, per la pacificazione e la stabilizzazione della Libia e, nello stesso tempo, per concorrere alla sconfitta dell’offensiva terroristica nei diversi teatri di crisi in cui essa si sviluppa e dai quali minaccia di investire il nostro stesso Paese …”. Come dire, l’Italia è in prima linea. Scrive Sergio Rame sul quotidiano “Il Giornale” (ieri, giovedì 22 ottobre) “Al termine del Consiglio Supremo di Difesa, che ha preso in esame le relazioni dei ministri degli Esteri e della Difesa, il Quirinale ha osservato “un quadro delle relazioni internazionali e della sicurezza in rapido e sensibile deterioramento in aree molto prossime all’Italia e all’Europa”. A preoccupare sono, soprattutto, “la perdurante offensiva Daesh, il moltiplicarsi dei conflitti e l’instabilità nella regione mediterranea e nel vicino oriente, le crescenti ondate migratorie, nonchè le difficoltà incontrate dalla Comunità Internazionale nella gestione delle crisi caratterizzino un quadro delle relazioni internazionali e della sicurezza in rapido e sensibile deterioramento in aree molto prossime all’Italia e all’Europa (…) La preoccupazione che è emersa oggi al Colle è quella di un ritardo nelle misure da prendere soprattutto in vista dell’avvio del Giubileo, evento che non si può e non si deve sottovalutare nelle dimensioni e nei rischi. È in questa chiave che si legge un passaggio della nota finale della riunione quando si sottolinea come sia «necessario che gli sforzi siano concentrati sulle esigenze di più immediato e diretto interesse per la sicurezza nazionale, con realismo»“.
La questione, insomma, non va presa sotto gamba, e anche se negli ultimi tempi si parla poco del flusso dei migranti/profughi, dei Centri di accoglienza sotto inchiesta della magistratura e del numero di rifugiati in essi ospitati, di tanto in tanto filtra qualche “messaggio” sulla possibilità che jihadisti possono infiltrarsi fra i disperati che fuggono dalla loro terra in guerra. “Messaggi” che sembrano cadere nel nulla poiché (per quel che risulta) la sicurezza non è stata rafforzata. Questo stato di cose può spiegare l’indifferenza collettiva italiana al problema “terrorismo” e può spiegare anche come gli “allarmi a tempo” in Italia abbiano poca efficacia nell’opinione pubblica. A differenza di come reagiscono altri Paesi d’Europa.